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lunedì 7 dicembre 2009

Ottone Visconti, Vescovo di Milano


Iniziamo il nostro itinerario da Milano, sede storica del potere lombardo. E la nostra visita non può che partire da quello che oggi è il monumento simbolo di Milano: il suo Duomo (Qualcuno avrà pensato al Castello Sforzesco: non preoccupatevi, ci arriveremo, ma alla fine del viaggio).

Entrate e portatevi lungo la parete destra. Dopo il nudo sepolcro ed il crocifisso del vescovo Ariberto da Intimiano (uno dei più importanti vescovi della città, vissuto tra il 970 ed il 1045) troverete un monumento funebre rossastro: è qui che riposa Ottone Visconti, vescovo di Milano dal 1262 al 1295, anno della sua morte.

Facciamo, dunque, la conoscenza del fondatore del potere visconteo su Milano e sulla Lombardia.

Nel 1262 Ottone ha 55 anni. Viene da una famiglia di vassalli arcivescovili, i Visconti appunto, provenienti dal Lago Maggiore, da un villaggio che oggi ha preso il nome di Massino Visconti.

Probabilmente, si trattava di una delle famiglie di capitanei a cui l’arcivescovo Landolfo (978-998) attribuì alcuni feudi del territorio arcivescovile. Prima del 1070 essi ottennero l’ufficio pubblico di “vice comes” che poi diventò ereditario per la discendenza maschile. Proprio in qualità di “vicari del Conte” che nel caso specifico era rappresentato dal vescovo di Milano, adottarono l’insegna della vipera che ingoia un saraceno (il famoso “biscione”). La famiglia, poi, si suddivise in diversi rami, tra cui quello di Umberto, padre di Ottone.

L’investitura ad arcivescovo, però, è a dir poco contrastata, al punto che Ottone non potrà entrare in città fino al 1277, ben 15 anni dopo. Motivo? E’ in corso una dura lotta politica per il controllo del potere pubblico che vede confrontarsi due famiglie, quella dei Visconti da un lato e quella dei Della Torre dall’altro. Napo (Napoleone) Della Torre, capo della fazione dei torriani, era nel 1262 Capitano del Popolo della città di Milano, la massima carica pubblica nella architettura istituzionale del comune. I Della Torre erano, di fatto, i Signori di Milano, nonostante formalmente le istituzioni politiche fossero quelle comunali (ricordiamo che la famosa battaglia di Legnano che vide vittoriosa la Lega dei liberi comuni lombardi contro l’imperatore Federico I ebbe luogo nel 1176, quindi circa un secolo prima). Si dice che i Della Torre fossero di origine franca e che avessero ricevuto i titoli di feudatari direttamente da Carlo Magno (il dominio franco sulla Lombardia, successivo a quello longobardo, durò dal 774 al 887, anche se la Lombardia continuò ad essere soggetta al Sacro Romano Impero). Il loro potere veniva, in particolare, dall’essere feudatari di una larga parte del territorio lombardo, un dominio che aveva come fulcro centrale la Valsassina.

Il fatto che il potere religioso fosse accaparrato da un esponente dei Visconti, la famiglia che più poteva minacciare il predominio dei Della Torre, non poteva certo essere visto con favore da Napo che, per questo, impedì ad Ottone di entrare in città.

Il confronto, poi, non riguardava solamente due famiglie, ma due intere fazioni. E due fazioni che non si limitavano al contesto milanese, ma interessavano anche gran parte dell’Italia: si confrontavano infatti la fazione guelfa (almeno in teoria “filo papale”), capeggiata dai Della Torre, e quella ghibellina (altrettanto teoricamente “filo imperiale” e anti papale), che faceva riferimento ai Visconti.

Il fatto che Ottone Visconti da “aspirante vescovo” fosse capo della fazione ghibellina e Napo, capitano del popolo, di quella guelfa, dimostra chiaramente che lo scontro tra le due fazioni fosse ormai pura lotta di potere, senza più nessun connotato religioso.

Dopo anni di guerra civile, la svolta si ebbe a Desio, il 21 gennaio 1277. Lì era dislocato il grosso delle forze militari del governo torriano, in attesa di rinforzi provenienti da Lecco. Forse per il ruolo giocato dagli stessi cittadini di Desio passati dalla parte dei Visconti, questi ultimi attaccano la cittadina potendo contare sulla loro superiorità numerica (1’200 uomini viscontei contro i 900 torriani). L’esito della battaglia che ne derivò fu a favore dei viscontei che non solo ebbero la meglio sotto il profilo militare, ma riuscirono anche a fare prigioniero lo stesso Napo Della Torre.

Ottone risparmiò la vita di Napo (era pur sempre un vescovo!), ma lo fece imprigionare nella torre del Baradello di Como (come vedremo, con un trattamento non proprio umanitario).

Ottone potè finalmente prendere possesso della cattedra arcivescovile e dare avvio, tramite la nomina come Capitano del popolo del pronipote Matteo (1287), alla Signoria viscontea.

Lo scontro tra le due fazioni continuò anche negli anni successivi, ma, salvo brevi periodi, i Visconti continuarono a mantenere il potere.

Ottone morirà nell’abbazia di Chiaravalle, dove si era ritirato, all’età di 88 anni l’8 agosto 1295.

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